Les Misérables è un vero musical.
Diversamente dagli ibridi recentemente proposti da Hollywood, si pensi a Mamma Mia! o Rock of Ages, nei quali gli stacchi musicali si alternano a frequenti scene dialogate, stavolta si canta sempre, in ogni occasione, senza soluzione di continuità. Apprezzare o meno questo “integralismo” è il punto di partenza per la valutazione dell’intero film.

La storia (auspicabilmente) è nota: sulla sfondo della Parigi post Restaurazione, l’ ex galeotto Jean Vajean (Jackman) cerca di rifarsi una vita, ma viene braccato per quasi vent’anni dallo zelante poliziotto Javert (Crowe). Quando Valjant decide di aiutare la povera Fantine (Hathaway) e sua figlia Cosette (Seyfried), strappata dalle grinfie dei cattivi coniugi Thenardier (Baron Cohen & Bonham Carter), la vita di tutti cambia per sempre.

Con un cast all star, un budget considerevole, una storia rodata dai passare degli anni e una base di grande successo (il musical venne scritto nel 1980 ed è stato rappresentato migliaia di volte in tutto il mondo), al regista Tom Hooper (The Damned United, The King’s Speech) non restava che assemblare il tutto mantenendo intatta l’aura romantico/epica del materiale originale, letterario e non.

Ogni approfondimento politico sociale viene lasciato (prevedibilmente e giustamente, tutto sommato) sullo sfondo e ci si concentra su emozioni, cuore e pathos. Con risultati alterni. La prima ora è molto buona. I duetti Jackman/Crowe, i dieci minuti memorabili della Hataway, il mini show di casa Thenardier, concorrono ad alzare il livello di una pellicola che però, all’apparire della coppia Amanda Seyfried/Eddie Redmayne, entrambi convincenti ma non entusiasmanti, la cui storia d’amore viene raccontata senza quella forza passionale ed emotiva utilizzata per gli altri personaggi, perde vigore.

Detto che il povero Russel Crowe proprio non ce la fa a cantare bene (però nella parte del tenace e stolido Javert è perfetto) a tenere in piedi il film ed elevarlo una spanna sopra la media sono Hugh Jackman e Anne Hathaway. Entrambi straordinari.

Il primo, le cui doti musicali vennero “scoperte” dal grande pubblico durante la memorabile serata di premiazione dei Premi Oscar da lui condotta, conferma di essere uno dei più talentuosi e dotati artisti (attori in questo caso è riduttivo) del panorama hollywoodiano recente. Può passare senza soluzione di continuità da un impegnativo musical, a ruoli action, a camei in cui impersona un personaggio rozzo, ignorante ed imbolsito (vedi alla voce: Butter) e risultare sempre convincente.

La grande sorpresa però è la Hathaway: fino ad oggi aveva dimostrato di essere bella e simpatica, ma i suoi tentativi di compiere il salto di qualità non erano sembrati particolarmente convincenti. Victor Hugo avrebbe amato la sua Fantine e la manciata di minuti in cui è in scena valgono il prezzo del biglietto. E forse l’Oscar: del resto, se ci riuscì Hopkins ne Il Silenzio degli innocenti recitando per meno di venti minuti, potrebbe riuscirci anche lei che ci sta dieci minuti. La sua versione di I Dreamed A Dream, di gran lunga la canzone più celebre del musical ed una delle più re-interpretate, specie dopo il clamoroso exploit di Susan Boyle ad un talent di qualche anno fa, è assolutamente devastante, non solo sotto il profilo squisitamente musicale.

Les Misérables è, a suo modo, un film tradizionale ed innovativo al tempo stesso: sa come colpire al cuore ed è una bella scommessa (vinta) sotto il profilo produttivo ma avrebbe enormemente beneficiato di una mezz’ora in meno e di una regia più dinamica e coraggiosa.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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